Hummustown
Aleppo a Roma, indovina chi porta la cena
Sito web: www.hummustown.com/it
La sostenibilità, unita alla filosofia dell’integrazione, può fare miracoli. Andate a chiedere che ne pensa chi per colpa della guerra rischiava di non avere più futuro, mentre ora ha una fiorente attività commerciale, e sta per acquistare un furgone elettrico per le consegne a domicilio. Shaza Saker è una donna italo-siriana con una famiglia, un lavoro e tanti amici italiani e siriani. Nel 2016, parlando con la sua amica Jumana, Shaza si rende conto che ad Aleppo la situazione sta precipitando nel baratro, che servono fondi per organizzare i soccorsi. Per raccoglierli invita a cena amici e conoscenti chiedendo loro, in cambio di quelle pietanze mediorientali, donazioni da inviare in Siria. Le cene si susseguono, e la sua casa diventa frequentatissima, anche perché quei piatti piacciono tanto. Intanto, a Roma giungono i primi profughi siriani, persone a cui va data una speranza. E Shaza, sulla scia del successo riscontrato tra gli amici, li ingaggia per trasformare la sua attività di cucina casalinga in un servizio di catering e pop-up restaurant: Hummustown.
Al progetto lavorano donne e uomini che sanno cos’è la guerra, che badano al sodo. Persone, magari, che fanno fatica a capire perché in Hummustown si usino solo stoviglie compostabili anziché quelle in plastica, più economiche. Shaza a questa domanda risponde sorridendo che il futuro passa per i dettagli. E lo fa in italiano, altrimenti Erminia, romana de Roma che si è unita al gruppo, non capirebbe, non potrebbe rispondere, e l’italiano degli altri non migliorerebbe.
Sono passati cinque anni; oggi, i 15 #GreenHeroes di Hummustown, stanno mettendo da parte abbastanza soldi per comprare un minivan elettrico per le consegne. Perché hanno visto il futuro svanire, e sanno che per costruire un domani credibile non si possono ignorare i dettagli.
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