COP29, Kyoto Club: sulla finanza climatica passi in avanti, ma servono più ambizione e chiarezza.
Alla conferenza c’è stata una forte presenza del mondo fossile, mentre sono stati isolati gli ambientalisti.
Si è conclusa a Baku, in Azerbaigian, la COP29, il principale vertice internazionale sul clima, in cui i leader mondiali hanno discusso misure per affrontare l’emergenza climatica. Tra i temi centrali, l’urgenza di accelerare la transizione ecologica e definire un piano concreto per il finanziamento climatico a sostegno dei paesi in via di sviluppo. Nonostante alcuni progressi, come l’impegno a destinare 300 miliardi di dollari all’anno fino al 2035, permangono criticità legate alla mancanza di una visione chiara e condivisa per raggiungere gli ambiziosi obiettivi necessari.
“Il cammino continua, anche se sarebbe necessario correre. Il testo finale dell’accordo sulla finanza per il clima preveda lo stanziamento 300 miliardi di dollari all’anno fino al 2035 a favore dei paesi in via di sviluppo; tuttavia, emerge poca ambizione e la mancanza di una pianificazione coerente, concreta e condivisa circa la finanza per il clima che dovrà coprire fino ad $1.3 trilioni all’anno al 2035, non c’è chiarezza su chi sosterrà gli investimenti, non c’è distinzione tra fondi pubblici e privati, se si tratterà di
prestiti o contributi”. Lo sostiene la Presidente di Kyoto Club e Vicepresidente di Magaldi Green Energy, Letizia Magaldi.
“Una COP29 molto complicata, ad iniziare dal fatto che si è tenuta in un paese, l’Azerbajan, le cui esportazioni dipendono per il 90% dai fossili. La conferenza ha visto una fortissima presenza, 1.773 delegati, del mondo del petrolio, del gas e del carbone, mentre gli ambientalisti hanno avuto poco spazio per farsi sentire.
Dopo due settimane di trattative è stato approvato un fondo per i Paesi meno sviluppati di 300 miliardi di dollari l’anno, il triplo del passato impegno, peraltro non rispettato, ma molto meno rispetto alle attese dei paesi colpiti dagli impatti dei cambiamenti climatici. Secondo i delegati indiani ‘Questo documento è poco più di un’illusione ottica e non risolverà l’enormità della sfida che tutti noi affrontiamo’.
Senz’altro la prossima conferenza, la COP30, che si terrà in Brasile a Belém in mezzo alla foresta amazzonica, l’atmosfera sarà molto diversa e si spera che porterà risultati più significativi. Naturalmente peserà la fuoriuscita degli Stati Uniti di Trump dalle trattative e molti si chiedono chi assumerà la leadership delle battaglie sul clima. L’Europa in passato ha svolto sempre un ruolo importante, ma al momento si trova indebolita. E’ possibile che la Cina diventata la capofila della transizione verde, malgrado il ruolo del carbone, possa aspirare a divenire un motore positivo per le prossime COP”. Lo afferma il Direttore scientifico di Kyoto Club, Gianni Silvestrini.