La Silicon Valley, il mondo del “venture capital” e l’innovazione energetica
Un reportage de LA7 andato in onda lo scorso 6 gennaio. Per la serie, quando il denaro sposa le idee: con il capitale di rischio si punta ad investimenti altamente innovativi nel campo delle energie rinnovabili e non solo.
Il servizio ha una durata di 26 minuti.
Jarret Hutchings ha 24 anni e con un gruppo di studenti universitari di Salt Lake City gestisce con successo un fondo d’investimenti di 8 milioni di dollari: soldi arrivati da Timothy Draper, un investitore californiano con un portafogli di partecipazioni in tutto il mondo per 5 miliardi e mezzo di dollari. E’ il mondo del venture capital, il capitale di rischio, al quale LA7 ha dedicato, lo scorso 6 gennaio, una puntata del magazine “Reality” con un reportage realizzato da Frediano Finucci e Damiano Ficoneri in California, Wisconsin e Utah. ||Un viaggio nel cuore degli ultimissimi filoni imprenditoriali della Silicon Valley, dove si concentra l’80% degli investimenti ad alto rischio degli Stati Uniti, tra finanzieri visionari (anche italiani) scienziati eccentrici, brevetti e progetti innovativi al limite della fantascienza; come ad esempio la ricerca di Guido Radaelli, che sta cercando di produrre carburante diesel utilizzando le alghe marine, con fondi arrivati anche da Noventi, una società della famiglia De Benedetti. O Innovalight, un’azienda che ha ricevuto 42 milioni di dollari di finanziamenti, dove un ingegnere romano, Francesco Lemmi, sta mettendo a punto un inchiostro al silicio che, stampato su di una superficie, la trasforma in un pannello solare. O la storia incredibile del biologo Roberto Crea, che con le acque di scarto dei frantoi produce integratori dietetici e sviluppa un giro d’affari di 5 milioni di dollari. ||E’ insomma un viaggio all’interno della mentalità imprenditoriale della Silicon Valley, dove le università insegnano agli studenti di tutte le facoltà, scientifiche e umanistiche, come è possibile gestire il rischio e diventare imprenditori partendo da zero, grazie appunto al sistema del venture capital, che negli Stati Uniti fa quello che in Italia fanno le banche. Con la differenza che non vengono chieste garanzie: se l’affare decolla, ci guadagnano tutti, se l’azienda va male, a rimetterci è solo chi ha dato i soldi e non chi ha avuto l’idea.
LA7 ha seguito l’esperienza dei 5 giovani ricercatori italiani, tutti con in testa un’idea imprenditoriale, che hanno passato 6 mesi nella Silicon Valley – studio e lavoro – dopo aver vinto la prima edizione della borsa di studio BEST della “Partnership for Growht”, il programma dell’ambasciata americana a Roma che promuove anche corsi e seminari negli Stati Uniti, rivolti agli italiani che vogliono imparare a diventare finanziatori di imprese innovative, le cosiddette “start up”. ||Per finire, uno sguardo alle realtà nate nell’ultimo anno dall’interno della comunità italiana della Silicon Valley, iniziative come BAIA, SVIEC e Mind the Bridge che cercano di dare ai giovani ricercatori italiani la possibilità di raccogliere finanziamenti dei Venture Capitalist californiani per sviluppare aziende start up, non necessariamente basate in America, ma anche in Italia.