La Corte UE condanna l’Italia: non coinvolge i cittadini nei programmi ambientali

Il nostro paese non si è conformato alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio (2003/35/CE) che prevede la partecipazione del pubblico nell\'elaborazione di alcuni piani e programmi in materia ambientale.

31 gennaio 2008 Fonte: Agenzia Dire

Condanna della Corte di giustizia delle comunità europee all’Italia per non avere messo in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio (la 2003/35/Ce) che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di alcuni piani e programmi in materia ambientale.
Come spiega una nota della corte europea, la direttiva 2003/35 prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di piani e programmi ambientali “in modo tale da favorire la trasparenza del processo decisionale e la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e il sostegno alle decisioni adottate”. Insomma, quella trasparenza e quel coinvolgimento da più parti invocati in casi che sfociano in ‘sindromi Nimby’ varie. ||Infatti, rileva la Cge, “l’effettiva partecipazione del pubblico all’adozione di decisioni consente allo stesso di assumere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali decisioni e che possono essere presi in considerazione da coloro che sono responsabili della loro adozione”. Gli Stati membri, ricorda la Corte, “debbono adottare le misure necessarie affinché tale partecipazione sia garantita ed effettiva”.||La condanna della Corte europea di giustizia per la carenza di coinvolgimento dei cittadini nei processi di decisione ambientali, comminata all’Italia, nasce dal fatto che “non essendo stata informata delle misure adottate dalla Repubblica italiana per conformarsi alla direttiva”, la Commissione ha avviato il procedimento per inadempimento.
Nel 2005, infatti, la Commissione aveva inviato all’Italia una lettera di diffida, “alla quale l’Italia non aveva fornito una risposta ritenuta soddisfacente”. La Commissione invitava, quindi, l’Italia a conformarsi al parere adottato dalla Commissione entro due mesi. L’Italia ha risposto nel 2006, comunicando alla Commissione il testo del decreto attuativo della direttiva comunitaria 2003/35. La Commissione, ritenendo che la misura nazionale di attuazione fosse stata adottata dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato e che essa fosse incompleta, presentava un ricorso per inadempimento davanti alla Corte di giustizia. ||La Corte di giustizia, con la sentenza odierna, “ricorda che l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro interessato quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato”.
Pertanto, conclude la Cge, l’Italia, non avendo messo in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/35/Ce, “è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva”.


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