Quali prospettive per il fotovoltaico post SEN?

Una progressiva riduzione dei prezzi e l' ntroduzione di diverse misure di carattere normativo e regolatorio. Questa la strada, secondo il direttore scientifico di Kyoto Club Gianni Silvestrini, per raggiungere gli obiettivi indicati dalla Strategia energetica Nazionale (SEN) al 2030 per il settore fotovoltaico.

Per passare dai 26 TWh ai 72 TWh indicati nella SEN per il 2030 si tratterà di incrementare la nuova potenza collegata alla rete arrivando in poco tempo a livelli di 3 GW/a, cioè otto volte la media registrata nel recente passato – afferma lo scienziato intevistato dal portale Nextville.it. Silvestrini poi precisa che si dovranno installare entro la fine del prossimo decennio ben 35 nuovi GWuna volta e mezzo la potenza collegata alla rete in Italia dal 2005 ad oggi, con impianti residenziali, sistemi per il comparto terziario/industriale e grandi installazioni a terra. Inoltre, nel prossimo decennio molti dei nuovi impianti dovranno essere abbinati a sistemi di accumulo. 

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Sen, molti passi in avanti. Ma manca il salto finale

Secondo il direttore scientifico di Kyoto Club, Gianni Silvestrini, la nuova Strategia energetica nazionale (SEN) presentata dai ministri Calenda e Galletti venerdì10 novembre segna una discontinuità rispetto al precedente documento del 2013. E lo dimostrano le critiche dei sostenitori dei fossili che lamentano l’assenza di attenzione alla produzione nazionale di idrocarburi.

Fuori il carbone, rilancio delle rinnovabili, riduzione dei consumi e ruolo centrale del gas. Questi sono in sostanza i pilastri della SEN: sicuramente una buona notizia. Nello specifico, secondo il direttore scientifico la rottura più netta rispetto al passato è rappresentata dalla chiusura delle centrali a carbone entro il 2025 in sintonia con una tendenza internazionale che ha già visto analoghe decisioni da parte di Regno Unito, Francia, Olanda e Finlandia, in un contesto di più generale riduzione dei consumi del carbone (nel mondo -4% nell’ultimo biennio).

Tuttavia, nonostante le notizie positive, per raggiungere i risultati indicati nella SEN occorre una chiara discontinuità rispetto al rallentamento delle rinnovabili registratosi degli ultimi cinque anni – dichiara Silvestrini – avviando una decisa crescita dell’eolico e del fotovoltaico.

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Presentata la Strategia energetica nazionale (SEN)

L'Italia si avvia all'uscita dal carbone entro il 2025. Questo è uno dei principali obiettivi che si pone la Strategia energetica nazionale (Sen) il cui testo è stato presentato venerdì 10 novembre dal Presidente del consiglio Paolo Gentiloni e dai ministri dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda e dell' Ambiente, Gian Luca Galletti.

La strategia, divisa in tre parti (competitività, ambiente e sicurezza) delinea una road map per la totale decarbonizzazione dell'economia italiana.  "L'obiettivo – ha spiegato Gentiloni – è avere una strategia che da una parte faccia sì che il nostro sistema produttivo sia più sostenibile sul piano ambientale e dall'altra più competitivo. Questi due aspetti – ha proseguito – si sono intrecciati; una volta erano sembrati in contraddizione e diversi, oggi è evidente che c'è una coincidenza: lavorare per la sostenibilità non è solo un impegno per le prossime generazioni, ma lo facciamo anche pensando alla competitività del nostro sistema, e qui l'Italia ha tante carte da giocare, abbiamo tanti asset nelle nostre mani". Gentiloni ha detto che "gli obiettivi sono ambiziosi" ma grazie ad essi "credo che nei prossimi 15 anni l'Italia sarà un Paese più efficiente e competitivo". 

"Portare le rinnovabili al 28% nei consumi totali entro il 2030, al 55% nei consumi elettrici, arrivare a carbone zero nel 2025 nella produzione di energia elettrica. E farlo coinvolgendo i cittadini e utilizzando gli strumenti di incentivo previsti dalla Legge di bilancio" ha poi detto il Presidente del consiglio delineandone gli obiettivi.

Stando al documento, il Ministro Calenda ha parlato del gas come "energia di transizione", sostenendo che "garantirsi forniture di gas in fonti diversificate è una priorità dell'Italia" da ottenersi sia attraverso "il TAP, il gasdotto EAST MED e un altro corridoio del sud" sia attraverso la previsione "della dinamica del prezzo del gas, per capire qauanta liquidità dobbiamo dare al mercato". 

La Strategia energetica nazionale – per la cui attuazione sarà costituita una cabina di regia – "prevede un totale di investimenti di 175 miliardi al 2030 divisi in reti, infrastrutture, fonti rinnovabili ed efficienza energetica" ha spiegato Calenda, alla firma del decreto ministeriale Mise- Ministero dell'Ambiente sulla Sen che, insieme al piano Industria 4.0, "è uno dei due grandissimi assi di sviluppo della politica industriale dei prossimi anni", temi su cui "giochiamo i prossimi anni di sviluppo economico del paese", ha aggiunto. 

Sulla cessazione della produzione di energia elettrica a carbone entro il 2025 "abbiamo deciso di accettare la sfida, ma per farlo occorrono infrastrutture il cui elenco condivideremo con la conferenza unificata e lo recepiremo in un dpcm perché non ci possiamo permettere di cominciare a lavorare su un processo accelerato e avere regioni e comuni che bloccano ogni infrastruttura in Italia" ha osservato il ministro dello Sviluppo economico. Il programma di decarbonizzazione"si può fare se c'è il convincimento degli enti locali a chiudere il piano infrastrutturale che è parte integrante di questa decisione", ha continuato Calenda aggiungendo "quando un comune o una regione fanno ricorso contro un gasdotto si mette a rischio non solo l'opera ma l'obiettivo di decarbonizzare della produzione elettrica entro 2025".

Il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, nel prendere la parola, ha poi affermato orgoglioso che "questa Strategia Energetica Nazionale è il coronamento del lavoro del Ministero in questi quattro anni. Per la prima volta la parte ambientale entra in un documento che per storia era solo economico. Per la prima volta l'ambiente è diventato un driver dello sviluppo. Questo lega indissolubilmente le tematiche di crescita e le tematiche ambientali. L'ambiente visto non solo come conservazione, il Ministero dell'ambiente come 'ministero del No' ma dello sviluppo e della crescita".

Questa è una strategia, non è un documento di programmazione, è un documento di policy», ha chiarito poi Galletti. Per arrivare a centrare gli obiettivi della Strategia energetica nazionale – ha aggiunto – «le macchine elettriche previste al 2030 sono quasi 5 milioni».

La Sen 2017 inoltre, secondo quanto si apprende, prevede un'accelerazione dell'uscita completa dal carbone negli impianti termoelettrici nel 2025 e traccia la strada verso la decarbonizzazione totale, per raggiungere, rispetto al 1990, una diminuzione delle emissioni del 39% al 2030 e del 63% al 2050. Si punta alla riduzione dei consumi finali al 2030 di 10 Mtep (tonnellata equivalente di petrolio). Sono poi previsti interventi per nuovi investimenti sulle reti che garantiscano anche flessibilità, adeguatezza e una maggiore integrazione con l'Europa, diversificando anche le fonti e rotte di approvvigionamento del gas, per ridurre la dipendenza energetica dall'estero dal 76% del 2015 al 64% del 2030. 

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“Strategia energetica nazionale è notizia positiva. ma si può fare di più”. L’intervento di Gianni Silvestrini agli Stati Generali della Green Economy

Come si stanno comportando i Paesi chiave dopo la firma dell'Accordo di Parigi? Questa è la domanda che pone Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club, all'apertura degli Stati Generali della green economy a Rimini.

La situazione è diversificata: alcuni Paesi hanno fatto molto di più di quello che hanno promesso, mentre altri hanno fatto molto di meno sostiene Silvestrini, che poi prosegue parlando della Cina come alfiere della battaglia climatica: in quattro anni la potenza asiatica ha stabilizzato le emissioni fossili grazie alla riduzione dell'uso del carbone, e nel 2016 ha installato la metà della potenza fotovoltaica mondiale. E nel frattempo anche molti Paesi europei annunciano l'obiettivo futuro della completa uscita dal carbone.

Qual'è il motivo per cui si ottengono simili risultati – si chiede il Direttore scientifico di Kyoto Club. Stanno esplodendo le disruptive technologies, tecnologie che hanno un effetto dirompente negli ambiti in cui si applicano, come il fotovoltaico nell'energia elettrica. Nel prossimo decennio le auto elettriche si imporranno perchè costeranno meno di quelle convenzionali, e il fotovoltaico si installerà non per incentivi, ma per ridurre le bollette.

Nel frattempo, negli USA, la posizione di chiusura di Trump ha creato per reazione un movimento fortissimo dal basso, con decine di città che hanno definito obiettivi rinnovabili al 100% e interi Stati che stanno alzando i loro obiettivi.

E in Italia? Con la Strategia energetica nazionale (Sen) si annuncia l'uscita dal carbone e si pone l'obiettivo del 50% di rinnovabili elettriche entro il 2030. Un risultato positivo che però – continua il Direttore – non è sufficente: bisogna andare oltre il 55%.

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Cambiamenti climatici, Cina è alfiere della transizione energetica . Gianni Silvestrini su Rai Radio 3 a “Tutta la città ne parla”

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Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club, è intervenuto a "Tutta la città ne parla" su Rai Radio 3 per parlare di clima e della Conferenza di Bonn (COP 23) che si terrà tra il 6 e il 17 novembre 2017.

Silvestrini ha dichiarato che a Bonn sarà la Cina presentarsi come "Paese che ambisce a sostituire gli Usa nella leadeship per il clima, accanto ad un'Europa un po' zoppicante", spiegando poi che il Vecchio Continente "ha difficoltà ad essere considerato leader della green economy" dovendo "mediare tra posizioni diverse, come quella della Polonia carbonifera e quella dei Paesi più avanzati". La Cina invece è "lanciatissima, e si pone come alfiere della transizione energetica".

Silvestrini è tornato poi a parlare anche del l'Italia: il Belpaese pur avendo "accellerato molto sulla transizione energetica tra il 2008 e il 2012 ha ora diminuito", ha detto il Direttore scientifico di Kyoto Club, puntualizzando che "le emissioni sono tornate ad aumentare perchè l'Italia non ha elaborato uno scenario al 2050 come hanno fatto molti altri Paesi. Manca una visione di cambiamento, non solo a livello energetico, ma anche dei trasporti, dell'agricoltura e dell'edilizia" ha poi concluso Silvestrini.

Revisione della Direttiva sull’Efficienza Energetica (EPDB) negli Edifici: un’occasione d’oro per l’Italia, c’è tempo solo fino al prossimo 5 dicembre

L'Italia deve premere per migliorare l'attuale normativa sull'Efficienza Energetica EPDB: è quanto chiede EU-ASE, di cui anche Kyoto Club fa parte, in una lettera al Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Il tempo sta per scadere, visto che la Presidenza estone del Consiglio europeo vuole concludere la revisione della direttiva entro il prossimo 5 dicembre.

"Siamo convinti che sia possibile migliorare l'attuale normativa EPBD, ponendo al centro della strategia di transizione energetica dell'Unione Europea la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, in gran parte inefficiente dal punto di vista energetico" ha dichiarato Monica Frassoni, Presidente di EU-ASE, specificando poi che alcuni Paesi europei come Francia, Germania, Irlanda e Svezia sostengano una revisione al rialzo della Direttiva.

"L'Italia è uno dei Paesi che ha più da guadagnare da un accordo al rialzo nel processo di revisione della Direttiva EPBD"  ha detto Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club, e ha poi proseguito, "questo permetterebbe l'avvio anche nel nostro Paese di programmi di Deep Renovation – senza i quali non sarà peraltro possibile raggiungere gli obiettivi previsti dalla nuova Strategia Energetica Nazionale e dal pacchetto energia clima UE al 2030 e al 2050 – dell'immenso patrimonio edilizio italiano. 

 

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Strategia energetica nazionale, gli esiti della consultazione pubblica presentati al Parlamento

Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, e il ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, oggi in audizione presso le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive di Camera e Senato sugli esiti della consultazione pubblica sulla nuova Strategia energetica nazionale.

Stato d'avanzamento della SEN 2017

Schede riassuntive della consultazione

 

 

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Come decarbonizzare l’economia italiana entro il 2025

Uscire dal carbone, ridurre drasticamente le emissioni climalteranti e così adempiere agli obiettivi dell'accordo di Parigi. Farlo è possibile. Ma "a determinate condizioni". 

A delineare una streategia di completa decarbonizzazione dell'economia italiana entro il 2025 è “Phase‐out del carbone al 2025. Ipotesi e impatti nello scenario elettrico”,  l'ultimo report di REF-E commissionato dal WWF.

Sono già numerosi i Paesi europei che si sono dotati di una exit strategy dal carbone, come la Francia (2022), la Gran Bretagna (2025) o l'Olanda (2030). Addirittura membri Ue lo hanno già fatto – questo il caso del Belgio, che ha detto addio alla torba già nel 2016 – e altri ancora stanno mettendo a punto dei piani specifici.

Ma a che punto è l'italia? Secondo quanto tratteggiato dal documento di WWF, nel nostro Paese la quota di carbone pesa relativamente poco in termini di elettricità prodotta (varia negli anni tra il 12 e il 16%), ma è colpevole di circa il 40% delle emissioni del settore elettrico. 

Il WWF Italia ha dunque chiesto a REF-E (istituto di ricerche di economia e regolazione dell'energia con sede a Milano) di verificare, partendo dallo scenario delineato dalla Strategia Energetica Nazionale (SEN), le condizioni che permettano il phase‐out della generazione nazionale a carbone al 2025, riducendo i nuovi investimenti in infrastrutture di combustibili fossili.

I risultati dello studio hanno evidenziato la fattibilità del phase out al 2025 senza incrementare la capacità a gas e considerando lo sviluppo di accumuli, la partecipazione attiva della domanda ai mercati ed il potenziamento dell’infrastruttura di rete.

1. L’impatto sui prezzi finali dell’energia elettrica sarebbe limitato al 2025. Negli anni successivi, l’effetto combinato delle previsioni di prezzo dei permessi di emissione ai sensi della direttiva sull’Emission Trading e la maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili annullano il differenziale sul costo di generazione termoelettrico tra gli scenari.

2. A fronte dell’impatto sui prezzi nel breve periodo, lo scenario di stop al carbone entro il 2025 determina una riduzione del costo complessivo degli approvvigionamenti fossili e di copertura dei diritti di emissione per circa 0,6 miliardi di euro per anno al 2025 e 1 miliardo di euro l’anno al 2030. Lo scenario inoltre prevede, tra l’altro, minori costi di sviluppo di capacità a gas pari a 2 miliardi di euro comprensivi di 3,000 MW di ciclo combinato e infrastruttura gas in Sardegna.

3. La riduzione delle emissioni climalteranti nell’ipotesi di phase-out al 2025 è stimata nell’ordine di 20 MtCO2 anno per il 2025. Al 2030 la riduzione è stimata in 17 MtCO2. Il risparmio complessivo dell’operazione di phase-out è stimato in circa 100 MtCO2 nel periodo 2025-2030. Il risparmio in termini economici del mancato acquisto di permessi di emissione, assumendo un costo medio nel periodo di 25 €/tCO2 è stimabile quindi in circa 2.5 miliardi di euro.

4. Lo scenario WWF 2025 non pone problematiche significative in termini di adeguatezza del sistema elettrico. La copertura del fabbisogno potrebbe essere garantita con standard accettabili includendo lo sviluppo di 1000 MW di accumuli e la partecipazione attiva della domanda alla fornitura di servizi di flessibilità al sistema ed assumendo oltre al potenziamento della rete di trasmissione come previsto dal Piano di Sviluppo di Terna al 2025 il raddoppio del cavo Sardegna-Italia. Per quanto riguarda la garanzia della sicurezza del sistema a livello locale, questa andrà gestita con degli studi per l’identificazione delle diverse opzioni.

5. Nello specifico degli approvvigionamenti della Sardegna, lo scenario prevede la copertura del fabbisogno dell’isola con un incremento dei contributi da fonti rinnovabili, il potenziamento dei collegamenti con il continente per ulteriori 1000 MW e l’installazione di almeno 250 MW degli accumuli previsti a livello nazionale (1 GW). Lo scenario non contempla il ricorso a centrali a gas naturale e lo sviluppo della relativa infrastruttura.

Tra le proposte tese ad accelerare l’attuazione della decisione di chiudere con il carbone entro il 2025, REF-E sottolinea l’importanza del cosiddetto Emission Performance Standard, cioè un limite di emissione di CO2 perché le centrali possano continuare a operare: tale limite dovrebbe essere, secondo anche le indicazioni del Parlamento Europeo, di 450gCO2/kWh. L’altra proposta, assunta da molti dei Paesi che stanno procedendo al phase out dal carbone, è quella di un carbon floor price, vale a dire l’introduzione di un costo minimo per gli operatori da associare alle emissioni di CO2.

Leggi il report Phase‐out del carbone al 2025. Ipotesi e impatti nello scenario elettrico

Per una Sardegna all’avanguardia della transizione energetica. Un appello lanciato dalle imprese del settore, insieme a Kyoto Club e ad altre associazioni ambientaliste

Firma anche tu!

La Sardegna ha un enorme potenziale di fonti rinnovabili che potrebbe garantire il soddisfacimento del 100% della domanda elettrica entro il 2040 e la copertura dell’insieme dei consumi energetici entro il 2050. Una transizione che implica una rivisitazione innovativa non solo delle scelte energetiche, ma anche di quelle dei trasporti, dell’edilizia, dell’agricoltura e delle politiche industriali.

In quest’ottica, la scelta di procedere con la metanizzazione dell’isola, ribadita anche in un apposito capitolo della SEN 2017, non solo non è coerente con lo scenario di rapida decarbonizzazione necessario dopo l’Accordo sul clima di Parigi, ma implica investimenti che potrebbero diventare inutilizzabili. 

Sarebbe dunque opportuno adottare una diversa strategia in grado di garantire significative ricadute occupazionali ed economiche, alternativa a scelte passate ad alto impatto ambientale. Un risultato ottenibile concentrando sull’isola le risorse necessarie all’introduzione di soluzioni innovative sui diversi fronti, dalle politiche avanzate di efficienza energetica al governo smart della domanda (Demand Response), dalla generazione rinnovabile alla gestione dei sistemi di accumulo (sia elettrici che termochimici), dalla mobilità elettrica alla chimica verde. Tale sviluppo non precluderebbe peraltro un uso mirato del gas, che potrebbe includere la produzione di biometano e lo stoccaggio del metano ottenuto per sintesi dalle rinnovabili per gestire le fluttuazioni della produzione solare ed eolica.

La Sardegna, caratterizzata dall’impiego inquinante del carbone nella generazione elettrica e dall’esportazione di un terzo della sua produzione, dovrebbe immaginare un ridimensionamento dell’attuale potenza termoelettrica abbinato ad un passaggio all’alimentazione puntuale a gas entro il 2025.

La Sardegna potrebbe diventare così un punto di riferimento della transizione energetica europea, proprio come l’arcipelago delle Hawaii (di dimensioni e popolazione analoga alla nostra isola) lo è per le Americhe: il cinquantesimo Stato degli Usa conta infatti di soddisfare il 100% della domanda elettrica con le rinnovabili entro il 2040, passando dall’attuale 25% al 52% già nei prossimi cinque anni.

È  interessante peraltro sottolineare come queste isole del Pacifico intendano evitare l’uso del metano proprio perché la realizzazione delle infrastrutture potrebbe rallentare la transizione energetica, generando un effetto lock-in dal quale risulterebbe estremamente complicato uscire.

Per quanto riguarda la generazione da rinnovabili, in Sardegna si parte già da una quota elevata, pari al 46% della domanda. Peraltro, gli elettrodotti che collegano l’isola con la Corsica e con la penisola rappresentano un elemento, non disponibile nelle Hawaii, che faciliterebbe la gestione di un’elevata quota solare ed eolica. Del resto, anche il Piano Energetico dell’isola sottolinea la possibilità di sviluppare 11 distretti energetici a “energia quasi zero”.

Invece di spendere soldi per tecnologie sul carbone “pulito” che guardano al passato, andrebbero sperimentate soluzioni innovative, dall’eolico flottante off-shore al Power to Gas (combinazione della CO2 con l’idrogeno ottenuto per elettrolisi da solare ed eolico al fine di ottenere metano da utilizzare come stoccaggio stagionale).

L’isola, che già ospita una bioraffineria di riferimento sulla scena internazionale, potrebbe inoltre diventare anche l’alfiere italiano della mobilità elettrica.

Alla luce delle opportunità offerte dalla rapidissima evoluzione tecnologica, crediamo in una Sardegna avanguardia della transizione energetica europea, in grado di attrarre i capitali necessari valorizzando risorse e competenze locali, in un percorso che la porterebbe a diventare un modello replicabile di “Smart Island”.

Tra i primi firmatari dell'appello:

Francesco Ferrante, Kyoto Club

Agostino Re Rebaudengo, Asja

Gianni Silvestrini, QualEnergia

Gianluigi Angelantoni, Anest

GB Zorzoli, Coordinamento Free

Maria Grazia Midulla, WWF Italia

Giuseppe Onufrio, Greenpeace

Edoardo Zanchini, Legambiente

Paolo Rocco Viscontini, Italia Solare.

Aderisci anche tu all'appello su change.org!

In allegato (pdf) il comunicato stampa.

 

comunicato stampa (pdf)

Strategia Energetica Nazionale (SEN): il contributo di Kyoto Club

Il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell’Ambiente lo scorso giugno hanno aperto la consultazione pubblica del documento della nuova Strategia Energetica italiana.

Nel corso di questi mesi Kyoto Club ha analizzato il documento e redatto le proprie osservazioni in cui  "diamo volentieri atto ai Ministri Calenda e Galletti che il documento in consultazione sulla Strategia energetica nazionale (SEN) segna un salto di qualità positivo: l’impostazione complessiva é coerente con gli obiettivi UE per una transizione energetica europea e la scelta, assolutamente condivisibile, di assumere la SEN come riferimento per la definizione del Piano nazionale clima-energia é però indebolita dall’assenza di uno scenario al 2050, peraltro previsto dalla Comunicazione della Commissione europea sulle modalità di stesura dei relativi Piani nazionali".

Inoltre, "la mancata indicazione degli obiettivi al 2050, a cui speriamo il Governo vorrà porre rimedio nella stesura finale della SEN, impedisce di verificare: la coerenza tra gli obiettivi al 2030 e quelli a lungo termine; l’effettiva necessità di effettuare tutti gli investimenti in infrastrutture, indicati nel documento, tenendo conto che si tratta di realizzazioni destinate a operare ben oltre il 2030".

In allegato (pdf) le osservazioni di Kyoto Club.

Leggi il documento