XI edizione Ecoforum nazionale. Legambiente e Kyoto Club chiedono al Ministro Fratin un serio impegno su rinnovabili e filiere strategiche

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Se il Governo Meloni è sempre più convito dell’utilizzo del nucleare tanto da prevedere nell’ultima versione del PNIECC un mix elettrico con una quota di nucleare ” di circa l’11% e il 22% al 2050 “, gran parte degli italiani la pensano diversamente e dice no al ritorno dell’atomo. I dati del sondaggio Ipsos commissionato da Legambiente, Kyoto Club, CONOU, Editoriale Nuova Ecologia epresentati oggi a Roma in occasione della prima giornata dell’XI edizione dell’Ecoforum nazionale parlano chiaro. Per il 75% degli intervistati ad oggi il nucleare non è una soluzione attuabile e non rappresenta una valida alternativa perché troppo pericoloso e poco conveniente. Solo il 25% sostiene che sia meglio un ritorno al nucleare, data la situazione complessa.  

Per gran parte dei cittadini, l’Italia deve fare di più su rinnovabili, economia circolare e lotta alla crisi climatica. Fonti pulite ed economia circolare rappresentano due volani per il Paese permettendo di creare nuovi green jobs: oltre 1 italiano su 2 ritiene che in futuro aumenteranno. Due, poi, le priorità d’azione che emergono in prima battuta dal sondaggio: per il 54% degli intervistati il Governo dovrebbe incentivare la produzione e l’impiego di energie rinnovabili e per sviluppare l’economia circolare; per il 38% le amministrazioni dovrebbero semplificare il processo autorizzativo degli impianti di energie rinnovabili e per sviluppare l’economia circolare. Per quanto riguarda la crisi climatica che avanza, i cittadini sono sempre più consapevoli delle ricadute economiche e degli impatti su territori e salute delle persone.In particolare, per il 61% degli intervistati l’aumento dei disastri naturali è dovuto proprio alla crisi climatica, per il 45% i cambiamenti climatici hanno effetti sul costo della vita in generale, per il 44% determinano un aumento dei costi dei prodotti alimentari, per il 29% un aumento delle malattie croniche, allergie e tolleranze. L’impegno a contrastare la crisi climatica deve vedere in prima fila per il 72% degli intervistati i Governi nazionali, seguiti da aziende e consorzi (42%), amministrazioni locali (39%), cittadini /consumatori (35%), media (20%).

Dati che Legambiente e Kyoto Club hanno portato all’attenzione del ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin intervenuto alla prima giornata dell’Ecoforum, la conferenza nazionale sull’economia circolare dal titolo“Economia 2030. Priorità, cantieri, strumenti per raggiungere gli obiettivi europei” organizzata a Roma il 3 e 4 luglio da Legambiente, Kyoto Club e Nuova Ecologia, in collaborazione con Conai e CONOU, con il patrocinio del MASE e della Regione Lazio.

Per le due associazioni è un grave errore che il Governo segua la strada dell’atomo. La via da percorrere è quella delle rinnovabili – dicendo no al nucleare e stop alle fonti fossili –, dell’economia circolarefacendola decollare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale a partire dalle tre filiere strategiche RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), tessile e materie critiche che rappresentano le nuove “miniere urbane” a cui attingere senza dipendere dall’estero – migliorando al tempo stesso la qualità della raccolta differenziata, su cui l’Italia oggi è in ritardo.

Tre gli interventi urgenti su cui per Legambiente e Kyoto Club è necessario che l’Italia lavori: 1) Accompagnare la realizzazione degli impianti necessari alla rivoluzione circolare del Paese, visti come un’opportunità di riqualificazione sociale, risanamento ambientale e rilancio economico dei territori.  2) Sostenere lo sviluppo di filiere e settori strategici nel panorama nazionale, dal tessile alle materie prime critiche, dai rifiuti speciali ai RAEE passando per lo spreco alimentare, e sostenere ricerca e sviluppo di nuove soluzioni per affrontare le sfide dell’era digitale anche in questi settori. 3) occorre consolidare e rafforzare nei territori i principi cardine della gerarchia della gestione dei rifiuti (4R). Ossia Riduzione, riutilizzo, riciclo e recupero dei rifiuti.

“Per centrare gli obiettivi Ue al 2030 – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – servono politiche e interventi coraggiosi che permettano di accelerare il passo e di contrastare la crisi climatica. Mancano solo sei anni al 2030, ma il Governo Meloni guarda al passato a partire dalla scelta fatta sul PNIEC contenente un mix energetico basato anche sul nucleare, sul gas e sul Piano Mattei.  Una decisione grave che non tiene conto delle esperienze virtuose in fatto di rinnovabili, sparse nella Penisola, e della leadership italiana sull’economia circolare in Europa. Occorre accelerare lo sviluppo e la realizzazione di nuovi impianti a fonti pulite e lavorare sulle filiere strategiche dell’economia circolare a partire dal riciclo dei RAEE. Per far ciò occorre rimuovere quegli ostacoli burocratici e tecnologici che oggi ne rallentano lo sviluppo, perseguire la strategia “Rifiuti zero, impianti mille”, puntare ad un modello di gestione sempre più ottimale, basato su raccolta porta a porta, tariffazione puntuale, impiantistica diffusa e capillare sul territorio e nuove campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte ai cittadini”.

“Economia circolare e transizione energetica da fossili a rinnovabili non sono più solo un must per affrontare la crisi climatica che si è fatta drammatica realtà, ma anche la chiave per fare una politica industriale che consenta al nostro sistema economico di giocare un ruolo da protagonista e non solo in difesa nello sconvolgimento geopolitico cui stiamo assistendo. Siamo quindi preoccupati per gli errori che si stanno facendo sul fronte delle rinnovabili, con un decreto “aree idonee” che non “idoneizza” nulla e che anzi complicherà il permitting, e sul fronte dell’economia circolare, per esempio, o sui ritardi che si accumulano sulle discipline end of waste che consentirebbero di uscire dal ciclo dei rifiuti a materiali che farebbero risparmiare tanta materia prima.  dichiara Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club.

Numeri filiere strategiche: RAEE, tessili e Materie critiche: secondo i dati di Erion Wee, il consorzio dei rifiuti associati ai prodotti elettronici, dal riciclo di 1.000 tonnellate di Raee si potrebbero recuperare circa 900 tonnellate di materie prime come plastiche, vetro, cemento, rame, alluminio e legno.

Per quanto riguarda il settore settile, stando ai dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), nel 2020, è stato la terza fonte di degrado delle risorse idriche e dell’uso del suolo. In quell’anno, sono stati necessari in media nove metri cubi di acqua, 400 metri quadrati di terreno e 391 chilogrammi di materie prime per fornire abiti e scarpe per ogni cittadino dell’UE. Il 56% delle materie prime critiche necessarie all’Europa viene attualmente dalla Cina così come circa il 90% della produzione mondiale di terre rare, di manganese e di germanio. In questo scenario il Critical Raw Materials Act, emanato a marzo 2023 dalla Commissione UE stabilisce che entro il 2030 l’estrazione, raffinazione e riciclo di tali materie debbano soddisfare, rispettivamente, almeno il 10%, 40% e 15% del fabbisogno europeo, con l’obiettivo di rendere le filiere industriali più resilienti e meno dipendenti da Paesi terzi.

Conoscenza economia circolare e focus smaltimento rifiuti: Tornando al sondaggio Ipsos, resta stabile la conoscenza sull’economia circolare. La quota dei conoscitori resta stabile al 45% (come nel 2023). Per quanto riguarda il corretto smaltimento dei rifiuti, il 70% di famiglie e individui si confermano i soggetti più virtuosi rispetto allo smaltimento dei rifiuti, seguiti dal settore pubblico (62%) e dalle aziende (57%). Nella classifica dei materiali ritenuti dai cittadini più pericolosi da smaltire, si confermano: l’olio minerale lubrificante usato (60%), RAEE (53%), e plastica dura (50%). Per quel che riguarda l’olio minerale esausto, i cittadini sanno che viene raccolto e che può essere rigenerato, ma il consumatore chiede che venga indicato sulla lattina per poter fare scelte consapevoli.

“Da numerosi rapporti sui rifiuti e sull’Economia Circolare – dichiara Riccardo Piunti, presidente del CONOU – emerge un dato: siamo spesso più bravi a raccogliere che a riciclare. Questo, se vale per molti rifiuti urbani e no, tuttavia non vale per l’olio minerale che (dallo studio UE della fine del 2023) pone l’Italia in prima fila nella raccolta (100%) e nella rigenerazione (98%) rispetto all’82% e 61% della media UE. Paradossale che proprio (e forse solo) in questo settore l’Europa non abbia fissato obiettivi, nonostante riconosca l’importanza di rigenerare questo rifiuto pericoloso. La Raccolta, che spesso si avvale della efficacia del modello consortile italiano, si trova ora dinanzi a una prospettiva di evoluzione, dalla piccola impresa familiare a quella parte di grandi gruppi, magari stranieri, con tutte le differenze del caso”.

«Il nostro Paese ha superato gli obiettivi complessivi di riciclo chiesti dall’Europa al 2030, quando ogni Stato dovrà riciclare almeno il 70% dei suoi rifiuti di imballaggio» spiega Fabio Costarella, vicedirettore generale CONAI. «Secondo gli ultimi dati Eurostat, l’Italia è leader per riciclo pro-capite di imballaggi in un testa a testa con la Germania: lo scorso anno, infatti, la Commissione Europea ci ha inserito fra le nove nazioni non a rischio per il raggiungimento degli obiettivi di riciclo, nella sua relazione di segnalazione preventiva sull’attuazione delle Direttive sui rifiuti. Dobbiamo continuare a impegnarci, però. Il nuovo Regolamento europeo chiederà tassi di intercettazione dei pack sempre più alti: occorre lavorare per aumentare quantità e qualità delle raccolte differenziate degli imballaggi, anche attraverso lo strumento delle raccolte selettive, ove opportune. Ma per migliorare saranno importanti anche le innovazioni a monte, per progettare pack sempre più riciclabili, e a valle, cercando tecnologie di riciclo capaci di recuperare materia dalle frazioni ancora difficili da riciclare».

Fonti rinnovabili e decarbonizzazione: Gianni Silvestrini interviene all’incontro di ENEA “Nucleare sostenibile”

ENEA organizza a Roma il 28 maggio un corso di formazione professionale in cui si discuterà dei recenti allarmi sul cambiamento climatico e della crisi del settore energetico.
Questo corso di formazione professionale continua per giornalisti, organizzato da ENEA, vuole accendere i riflettori sul nucleare sostenibile oggi, illustrando a che punto è la ricerca e quali sono le prospettive di sviluppo a livello nazionale e internazionale.

All’incontro interviene, tra gli altri, Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club, per evidenziare le altre grandi opporunità grazie alle fonti rinnovabili.

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Energie rinnovabili, Kyoto Club: le fonti pulite riacquistano un ruolo significativo nelle scelte energetiche

Triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030 è fondamentale per mantenere a portata di mano l’obiettivo di 1,5°C e contrastare il cambiamento climatico. Parola dell’International Energy Agency (IEA), che nel suo World Energy Outlook 2023 – report annuale che offre analisi sul sistema energetico globale e anticipa le tendenze del futuro – afferma che, grazie al combinato disposto di politiche a favore dell’efficienza energetica, dell’elettrificazione dei consumi e dell’accelerazione di fotovoltaico ed eolico, possiamo abbattere le emissioni dell’80% entro la fine del decennio.

Sono stati questi gli argomenti al centro del convegno organizzato da Kyoto Club “Le rinnovabili fanno bene all’Italia” svoltosi oggi, 1° febbraio, a Roma presso la sala Esperienza Europa, lo spazio espositivo dedicato all’UE promosso dal Parlamento e dalla Commissione europea. Durante il dibattito odierno nel corso del convegno, il Gruppo di Lavoro “Fonti energetiche rinnovabili” dell’Associazione presentato le proposte delle aziende ed Enti Locali associati a Kyoto Club in riferimento all’iter parlamentare del “Decreto energia” e alla revisione, da completare entro il prossimo 30 giugno, del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC).

All’ultima conferenza sul clima, la Cop 28 emiratina, si è stabilito di triplicare la potenza energetica da fonti rinnovabili mondiale, che significa passare dagli attuali 3.500 gw di energia da rinnovabili globali a 11mila gw entro la fine del decennio. Una crescita fortissima che dovrebbe proseguire anche negli anni successivi e solare ed eolico saranno molto importanti in questo. Mentre in Germania nel 2023 per la prima volta le rinnovabili hanno superato il 50% di produzione elettrica, l’Italia, nonostante i forti ritardi, dà segni di vitalità come dimostrano i 5 GW fotovoltaici installati nel 2023.

L’urgenza di decarbonizzare la produzione di energia è stata richiamata per l’ennesima volta dai dati resi noti lo scorso mese da Copernicus climate change (C3s), il programma di osservazione dellaTerra dell’Agenzia Spaziale Europea e Commissione europea: il 2023 si conferma l’anno più caldo mai registrato a partire dal 1850, con l’aumento della temperatura media globale vicina al limite di 1,5 gradi centigradi (1,48 rispetto al livello preindustriale 1850-1900).

Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club, ha sottolineato che “la potenza rinnovabile nel mondo è cresciuta del 50% nel 2023, raggiungendo 500 GW. Un vero boom, che ha visto anche un risveglio dell’Italia. Nel nostro paese le energie pulite, con 5,2 GW solari e 0,4 GW eolici installati lo scorso anno, riacquistano un ruolo significativo nelle scelte energetiche. L’accelerazione delle rinnovabili sarà, infatti, decisiva nella lotta al cambiamento climatico, utilissima nel ridurre la dipendenza dalle importazioni di metano, importante per la creazione di posti di lavoro”.

“Le rinnovabili danno un contributo decisivo per una maggiore sicurezza e libertà in tutta l’Europa. Ci sono già da tempo idee e soluzioni innovative per il successo della transizione verde. Ora sta a noi incidere attivamente sulla transizione verde. Essendo grandi emittenti di CO2 non è solo una nostra responsabilità: come principali nazioni industriali dell’Europa è anche un nostro interesse. Poiché le opportunità economiche delle tecnologie sostenibili sono pari ai costi di cui le nostre economie dovrebbero farsi carico se non stiamo al passo. Pertanto, dobbiamo svolgere un ruolo guida nell’imminente trasformazione.” Lo dichiara l’Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania in Italia, Dr. Hans-Dieter Lucas.

Programma (pdf)

Comunicato stampa (pdf)

La registrazione del convegno sul canale YouTube di Kyoto Club

Il video della diretta del convegno su Radio Radicale

Il discorso del Dottor Hans-Dieter Lucas, Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania in Italia

La presentazione di Gianni Silvestrini, Kyoto Club, “Le rinnovabili fanno bene all’Italia”

Il discorso di GB Zorzoli, Coordinamento Nazionale Free, Fonti Rinnovabili e Efficienza Energetica, “Le innovazioni tecnologiche in corso”

La presentazione di Marco Ronchi, a2a

La presentazione di Francisco Pérez Spiess, Wattkraft, “Massive Deployment of Renewable Energies”

La presentazione di Claudio Miranda, Graded, “Bioeconomia ed economia circolare per un nuovo modello di sviluppo”

La presentazione di Davide Astiaso Garcia, ANEV, “L’eolico in Italia”

La presentazione di Paolo Mezzera, IREN, “Le rinnovabili fanno bene al Paese”

La presentazione di Enrico Maggioni, Ideam, “I dati nello sviluppo delle energie rinnovabili”

La presentazione di Sebastiano Serra, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, “Note sullo stato di avanzamento del PNIEC”

La presentazione di Luciano Barra, Italia Solare, “Le rinnovabili fanno bene all’Italia”

La presentazione di Daniela Luise, Coordinamento Agende 21 Locali italiane, “L’esperienza del progetto LIFE NECPlatform”

La presentazione di Francesco Ventura, VDP-OICE, “Le rinnovabili fanno bene all’Italia”

Convegno di Kyoto Club “Le rinnovabili fanno bene al Paese” a Roma il 1 febbraio 2024

Si terrà il 1 febbraio a Roma, presso Esperienza Europa, il convegno “Le rinnovabili fanno bene al Paese” organizzato dal Gruppo di Lavoro “Fonti energetiche rinnovabili” di Kyoto Club.
Durante l’evento è previsto un confronto con esperti del settore, avviando un panel sulla situazione attuale, e sulle proposte per superare le criticità autorizzative e normative. Si terrà anche un focus sulla situazione tedesca e una sessione sul PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima).

Il programma del convegno sarà disponibile dopo la pausa natalizia.

Energia, nel 2019 le emissioni calano del 2%

La produzione globale di elettricità alimentata a carbone è diminuita del 3% nel 2019, portando a una riduzione del 2% delle emissioni del settore dell'energia. Un calo drastico, che non si verificava dal 1990.

Lo sostiene il nuovo report "Global Electricity Review" del think tank indipendente Ember.

Il carbone, sostiene lo studio, è crollato nell'UE e negli Stati Uniti, mentre in Cina è aumentato, e il paese asiatico è diventato per la prima volta responsabile di metà della produzione mondiale di carbone. Nel complesso la quota di elettricità prodotta dalle fonti fossili ha registrato un calo del 15% rispetto al 2010.

La generazione di energia eolica e solare nel mondo,dice lo studio, è aumentata del 15% nel 2019, generando l'8% dell'elettricità mondiale. Per soddisfare l'Accordo sul clima di Parigi, è necessario un tasso di crescita annuale del 15% della produzione di energia eolica e solare. Il calo costante delle nuove tecnologie e il precedente del 2019, offrono la speranza che questo possa avvenire. 

Nonostante la notizia positiva, continuano i ricercatori, la diminuzione del carbone nel 2019 è dipesa, oltre che dall'incremento della produzione da solare ed eolico, anche da altri fattori esterni temporanei, come l'inverno particolarmente mite.

La generazione di carbone è crollata nel 2019 del 24% nell'UE e del 16% negli Stati Uniti, ed è dimezzata rispetto al 2007, lo stesso anno in cui le emissioni nel settore energetico negli Stati Uniti sono diminuite del 19-32% e del 43% nell'UE grazie all'aumento delle energie rinnovabili.

Irena: in dieci anni possibile raddoppiare l’energia elettrica rinnovabile

Se gli investimenti saranno spostati dalle fonti fossili alle tecnologie pulite, l'elettricità prodotta dalle fonti green aumenterà di circa il doppio entro il 2030.

Questo è ciò che sostiene l'Agenzia internazionale delle energie rinnovabili (IRENA: International Renewable Energy Agency) nel suo ultimo documento che riassume i progressi compiuti dal 2010 a oggi e le prospettive che attendono le energie rinnovabili nei prossimi anni.

Nello specifico, il report sostiene che con un investimento annuale di 750 miliardi di dollari a livello globale, la quota di elettricità "green" passerà dall'attuale 26% al 57% in dieci anni. Questo è possibile solo dirottando sulle rinnovabili gli investimenti già pianificati verso l’industria fossile, che potrebbe spendere quasi 10.000 miliardi di dollari al 2030 per progetti nel gas, carbone e petrolio, aumentando così il rischio di stranded asset (impianti e infrastrutture non più remunerative perché sopravanzate dalla concorrenza delle rinnovabili e dalle leggi per diminuire le emissioni inquinanti).

Intanto l’agenzia ha siglato un memorandum con la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), volto a promuovere e accelerare la diffusione dei progetti nelle rinnovabili nei paesi “coperti” dall’intervento della banca stessa.

Energie rinnovabili, negli ultimi 10 anni investiti 2600 miliardi di dollari

Sono oltre 2500 i miliardi di dollari investiti nel mondo tra il 2009 e il 2019 nel settore delle energie rinnovabili. La capacità installata, secondo le previsioni, sarà aumentata di quattro volte: da 414 Gw a circa 1.650 escluso il grande idroelettrico. Lo sostiene lo studio "Global Trends in Renewable Energy Investment 2019 (Le tendenze globali negli investimenti nell'energia rinnovabile), commissionato dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep) e pubblicato in vista del vertice sull'azione globale per il clima dell'Onu, il 23 settembre prossimo.

In pole position per quanto riguarda gli investimenti green c'è la Cina: il gigante asiatico è stato il principale investitore nella capacità di energia rinnovabile in questo decennio, arrivando ad impiegare 758 miliardi di dollari tra il 2010 e il 2019, seguiti da Stati Uniti con 356 miliardi e poi dal Giappone con 202 miliardi e a seguire la Germania con 179, la Gran Bretagna con 122 e l'India con 90. L'Italia si piazza al settimo posto con 82 miliardi di dollari seguita da Brasile, Australia, Francia, Spagna, Canada, Olanda, Messico, Belgio, Svezia, Sud Africa, Turchia, Chile e Danimarca con 14 miliardi investiti (escluso il grande idroelettrico). L'Europa nel complesso ha investito 698 miliardi di dollari in capacità di energie rinnovabili nello stesso periodo, con la Germania che ha contribuito maggiormente con 179 miliardi e il Regno Unito con 122 miliardi di dollari.

La quota globale della produzione di energia elettrica rappresentata dalle energie rinnovabili ha raggiunto il 12,9 per cento, nel 2018, rispetto all'11,6 per cento nel 2017. Ciò ha evitato circa 2 miliardi di tonnellate di emissioni di anidride carbonica solo lo scorso anno – un notevole risparmio dato dalle emissioni del settore energetico globale di 13,7 miliardi di tonnellate nel 2018. Comprese tutte le principali tecnologie di generazione (fossili e zero-carbon), il decennio prevede l'installazione di una potenza netta di 2.366 GW, con l'energia solare al primo posto (638 GW), il carbone al secondo (529 GW) e eolico e gas in terza e quarta posizione (rispettivamente 487 GW e 438 GW). Anche la competitività in termini di costi delle energie rinnovabili è aumentata notevolmente nel corso del decennio. Il costo livellato dell'elettricità (una misura che consente il confronto di diversi metodi di generazione di elettricità su base costante) è in calo dell'81% per il fotovoltaico solare dal 2009; quello per l'eolico onshore è sceso del 46%.

Rinnovabili, Bloomberg NEF: nel 2050 il 92% dell’energia Ue sarà prodotta da fonti pulite

Entro la metà del secolo l’uso del petrolio nella produzione di energia elettrica sarà del tutto abbandonato, mentre quello del carbone sarà largamente ridimensionato dal 37% al 12%. A fare da padroni saranno invece il solare e l’eolico, che in tutta Europa produrranno circa il 92% di energia, e circa la metà di quella mondiale.

Sono i dati del New Energy Outlook 2019 di Bloomberg NEF, il rapporto sulle previsioni economiche del settore energetico presentato da poco presso la sede capitolina di Enel.

Gli analisti non hanno dubbi e sono molto fiduciosi: il settore energetico contribuirà a mantenere le temperature globali sotto i due gradi previsti dall’Accordo di Parigi sul clima, mentre l’orizzonte al 2050 appare più imprevedibile, e saranno necessari “progressi nella decarbonizzazione anche in altri segmenti dell’economia mondiale per affrontare i cambiamenti climatici".

La spinta alla transizione e alla decarbonizzazione sarà trainata dall’abbattimento dei costi delle nuove tecnologie, sostengono i ricercatori: vento e sole sono oggi le “due opzioni meno costosa per aggiungere nuove capacità di generazione di energia”.

Entro metà del secolo, sostiene il report, la domanda di energia salirà al 62%, contemporaneamente la domanda energetica globale triplicherà. Di conseguenza, continuano i ricercatori, gli investimenti lieviteranno a 13300 miliardi di dollari. Ad attrarre gli investimenti saranno in primis l’eolico (5.300 miliardi di dollari) seguito dal solare (4.200 miliardi).

Novità in arrivo anche per gli amanti della mobilità elettrica e sostenibile: tra il 2020 e il 2030 si raggiungerà la parità di costo tra auto elettriche e veicoli tradizionali tenuti in considerazione anche i costi per l'installazione delle infrastrutture di ricarica private, mentre nel 2040 più della metà dei veicoli saranno elettrici.

Secondo il Direttore del NEO BNEF, Seb Henbest: "La nostra analisi suggerisce che i governi devono fare due cose separate: una è garantire che i loro mercati siano friendly verso l’espansione dell’energia eolica, solare e delle batterie a basso costo; e l’altro è sostenere la ricerca e il dispiegamento anticipato di queste altre tecnologie in modo che possano essere sfruttate su larga scala a partire dagli anni 2030 in poi".

Incentivi rinnovabili, firmato il Decreto FER 1: la prima asta partirà a settembre

Dopo anni di attesa, il Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro Luigi Di Maio e il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa hanno firmato il Decreto FER 1 sugli incentivi rinnovabili.

Secondo le prime stime, il nuovo provvedimento consentirà la realizzazione di impianti di 8.000 Mw, con un aumento della produzione da fonti rinnovabili di "circa 12 miliardi di kWh e con investimenti attivati stimati nell'ordine di 10 miliardi di euro". Un aumento, secondo il Ministero dell'Ambiente, finalizzato al "raggiungimento dei target europei al 2030 definiti nel Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (Pniec) attraverso la definizione di incentivi e procedure indirizzati a promuovere l'efficacia, l'efficienza e la sostenibilità, sia in termini ambientali che economici, del settore". 

Disponibili anche le date in cui il GSE pubblicherà i bandi relativi alle procedure di asta:

  • 30 settembre 2019
  • 31 gennaio 2020
  • 31 maggio 2020
  • 30 settembre 2020
  • 31 gennaio 2021
  • 31 maggio 2021
  • 30 settembre 2021.

Sono ammessi impianti fotovoltaici esclusivamente di nuova costruzione e realizzati con componenti di nuova costruzione. Inoltre, potranno partecipare alle procedure di registri anche aggregati costituiti da più impianti appartenenti al medesimo gruppo, di potenza unitaria superiore a 20 kW, purché la potenza complessiva dell'aggregato sia inferiore a 1 Mw. Gli impianti di potenza uguale o maggiore ai valori sopra indicati per accedere agli incentivi dovranno partecipare a procedure di asta al ribasso nei limiti dei contingenti di potenza. Analogamente, potranno partecipare alle procedure di asta anche gli aggregati costituiti da più impianti appartenenti al medesimo gruppo, di potenza unitaria superiore a 20 kW e non superiore a 500 kW, purché la potenza complessiva dell'aggregato sia uguale o superiore a 1 Mw. Saranno esclusi dagli incentivi gli impianti che hanno già usufruito degli incentivi per le fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico previsti dal Dm 23 giugno 2016 o che sono risultati idonei ma inseriti in posizione non utile nei registri.

“Cambia, inoltre, – spiegano i due dicasteri – la modalità di riconoscimento del premio sull’autoconsumo”, valido solo se l’energia auto consumata è superiore al 40% della produzione netta: per gli impianti di potenza fino a 100 kW su edifici, è attribuito un premio pari a 10€/MWh sulla quota di produzione netta consumata in sito. Il premio è cumulabile con quello per i pannelli fv in sostituzione di coperture contenenti amianto, che è pari a 12 €/MWh su tutta l’energia prodotta.

Il testo del Decreto FER 1 (pdf)

Rinnovabili: entro il 2050 è possibile un sistema energetico senza fonti fossili

Raggiungere il 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2050? È possibile. .

A sostenerlo sono i ricercatori della Lappeenranta University of Technology (LUT) in collaborazione con l’organizzazione no-profit indipendente Energy Watch Group nel report Global energy system based on 100% renewable energy.

Nello studio i ricercatori hanno spiegato in dettaglio come potrebbe funzionare un sistema energetico basato esclusivamente sulle risorse pulite, rinunciando ai combustibili fossili e anche all’utilizzo di tecnologie per catturare le emissioni di anidride carbonica, tra cui il CCS (Carbon Capture and Storage) applicato agli impianti a gas/carbone o alle bioenergie (in quest’ultimo caso si parla di BECCS: Bioenergy with Carbon Capture and Storage).

Il documento pubblicato in questi giorni compie un passo in più, perché considera uno scenario carbon-free in tutti i settori: produzione di elettricità, calore/riscaldamento, trasporti, impianti per desalinizzare l’acqua.

In pratica, è una simulazione di come potrebbe avvenire il passaggio da un mix energetico dominato dai carburanti fossili ad un altro con caratteristiche opposte, dove le rinnovabili riuscirebbero a coprire l’intero fabbisogno mondiale di energia primaria, come evidenzia la seguente coppia di grafici.

Uno scenario di questo tipo, chiariscono gli scienziati – tra gli autori principali del nuovo studio c’è Christian Breyer, uno dei massimi sostenitori dei modelli teorici per il 100% di rinnovabili – potrebbe stare in piedi solamente con una massiccia quantità di accumulo energetico (si parla di almeno 30.000 TWh di consumi elettrici e 16.000 TWh di consumi termici assicurati dall’energy storage nel 2050) e con la produzione su vasta scala di carburanti sintetici di origine rinnovabile, quindi soprattutto il biometano e l’idrogeno ricavato da elettrolizzatori alimentati da elettricità eolica-solare (qui si parla di quasi 15.000 GW di capacità installata negli impianti di fuel conversion, come gli elettrolizzatori).

Per quanto riguarda i costi, Breyer e colleghi ritengono che il valore medio LCOE (Levelized Cost of Energy) di un mix energetico totalmente rinnovabile rimarrebbe nella fascia 50-57 €/MWh al 2050, come riassume il grafico sotto.

Da notare, infine, il ruolo di primo piano assegnato dalla LUT al fotovoltaico: tra poco più di trent’anni dovrebbe contare su oltre 63.000 GW di potenza installata in tutto il mondo, mentre l’eolico si “fermerebbe” intorno a 8.000 GW.